Il Sindaco Vitale

L’era di Checchino Vitale

 

Una manifestazione al campo sportivo. A destra il Sindaco Checchino Vitale, al centro il segretario comunale Profilio, a sinistra Renato De Pasquale.

Lo sviluppo delle Eolie si intreccia, nel bene e nel male, con il protagonismo di un personaggio, passato nell’immaginario popolare come l’amministratore capace per antonomasia: il Sindaco di Lipari Francesco Vitale detto Checchino. Egli amministrò il Comune  ininterrottamente dal giugno 1952 al 3 luglio 1976 anche se nella vita politica locale aveva fatto la sua comparsa nel periodo fascista essendo stato segretario del partito prima dal 1929 al 1933 e poi, quando ormai gli alleati erano alle porte, nel 1943. Nel parlare di lui ci lasceremo guidare da un altro eoliano, Renato De Pasquale, che con lui ebbe modo  di collaborare ma anche di confrontarsi e di affrontarlo nelle competizioni politiche.

“Il Vitale entra decisamente – scrive De Pasquale – nella scena politica locale con i primi movimenti democratici del dopoguerra, ma egli comincia a tessere il suo impero nel 1952, con le elezioni amministrative di quell’anno e l’investitura alla carica di primo cittadino.

La sua indiscussa personalità – e forse anche precedenti esperienze gerarchiche durante l’era fascista – lo pongono nella condizione ideale per dare alla sua sindacatura un’impronta di prestigio e di comando. Le elezioni del 1952 mi videro schierato in una posizione politica contrapposta a quella di Vitale. C’era in noi giovani, usciti da una lunga dittatura e da una sciagurata guerra, la grande voglia di rinnovamento e di partecipazione alla vita democratica. Di qui la mia scelta e la nostra contestazione ad uno schieramento che consideravamo di stampo conservatore. Non sto a raccontare le tante vicende legate alla strenua battaglia tra le due liste, la nostra “La bilancia” e l’altra “Il Vascelluzzo”. Per una manciata di voti vinse “Il Vascelluzzo”, e fù l’inizio dell’era Vitale.

Passano gli anni, seguono altre elezioni ed altri tentativi di contrapposizione democratica al consolidato potere dello schieramento di maggioranza, con il Vitale rieletto puntualmente, di volta in volta, alla carica di Sindaco. Solo agli inizi degli anni Sessanta, dopo le varie vicende politiche di cui non servirebbe fare la cronaca, ebbi modo di entrare in Amministrazione e quindi di meglio conoscere ( da quell’ideale e ravvicinato osservatorio) il personaggio in tutti i suoi aspetti umani e politici.

 

Con Vitale Lipari diventa democristiana

 

Una cerimonia pubblica. Si individuano al centro il Vescovo Mons. Re con la lunga barba bianca, alla sua destra il Sindaco Vitale, sua moglie, don Alfredo Adornato, il guardiano dei cappuccini p. Agostino Lo Cascio da Giardini, Leonida Bongiorno, il maestro Cangemi.

Intanto egli esercitò sempre il mandato col pieno sostegno del Partito che lo aveva espresso, la DC. Seppe inoltre curare e conservare per tant’anni la sua grande popolarità, affidando ai fedelissimi del suo seguito il compito di alimentare l’entusiasmo e la fiducia della gente, che arrivò a considerarlo come il Capo indiscusso e insostituibile.

Vivendo alla luce della sua popolare investitura egli poco si curò, va detto, di dare il giusto risalto alle qualità e all’impegno dei suoi collaboratori, che agli occhi dei più finivano coll’apparire come personaggi secondari, quasi di contorno, ovviamente perdenti al confronto con il primo cittadino. Questo suo atteggiamento non era indubbiamente quello di chi avrebbe potuto e dovuto pensare anche al dopo, che in ogni vicenda umana è cosa naturale e ineluttabile…

Detto ciò, come non riconoscere al Vitale indiscusse doti di amministratore capace e attento, di abile politico e di grande protagonista nell’opera di ricostruzione e di sviluppo civile e sociale realizzata durante gli anni del suo governo? Rassegnati a esercitare un ruolo non sempre appagante e poco appariscente, tanti di noi ebbero ugualmente a dare la propria collaborazione, nel rispetto della funzione e della condivisione del comune indirizzo volto a risolvere i tanti grossi problemi del territorio e della gente.

Fare l’elenco delle realizzazioni legate all’era Vitale sarebbe valido pretesto per suffragare la concretezza operativa di quella lunga gestione. Dalla costruzione di nuove strade, alla elettrificazione delle borgate e delle isole minori; dalle tante strutture portuali ( anche se ancor oggi insufficienti e incomplete), ai serbatoi idrici e relative reti di distribuzione; dai plessi scolatici ai nuovi impianti sportivi di Lipari. Senza dimenticare la conquista della doppia corsa della nave per Milazzo e l’istituzione del servizio aliscafi nel 1957. E l’elenco potrebbe continuare. Certo per una comunità territorialmente così vasta e decentrata come la nostra i problemi sono tanti e sono di anno in anno crescenti.

Ma tornando al nostro personaggio, va detto che il Vitale era dotato di tenace perseveranza e si serviva, occorrendo, del suo prestigio politico per ottenere il finanziamento delle opere che via via venivano programmate.

Nei rapporti personali era sicuramente corretto e neppure ai suoi avversari dava a mostrare risentimento o rancore. Almeno all’apparenza. Difficilmente perdeva la calma. Per far valere sempre e comunque le sue scelte, di fronte a posizioni avverse egli preferiva incassare e attendere.

Nell’esercizio della sua funzione di Sindaco era certamente un protagonista indiscusso ma anche un grande accentratore. Durante le sedute del Consiglio Comunale egli si poneva come il solo interlocutore dei Consiglieri presenti, raramente consentendo agli Assessori di fornire dirette risposte su problemi di loro pertinenza.

Era il suo temperamento, e non era facile indurlo ad atteggiamenti diversi e più rispettosi, come legittimamente auspicato dagli stessi suoi collaboratori. Ricordo tuttavia che in occasione dell’insediamento di una nuova Giunta, naturalmente sempre da lui presieduta, riuscimmo a far valere una impostazione nuova della funzione di ciascuno e del rapporto Assessori-Consiglieri.

 

Un grande accentratore

 

Costruzione del cosiddetto teatro greco.

Infatti, alla prima seduta del Consiglio ogni componente della Giunta illustrò in aula il programma del proprio assessorato. Fu quella una novità ( e tante altre nel proseguo riuscimmo a portare avanti) che egli ebbe a subire con malcelata irritazione.

Le riunioni del Consiglio erano allora assai proficue, e il confronto, a volte anche acceso, avveniva – come sempre dovrebbe essere – nella esclusiva contrapposizione di proposte e di idee. Nella sua conduzione politica egli riusciva ad intrattenere corretti rapporti con le minoranze dalle quali ambiva – e sovente otteneva – condivisioni e consensi. Il che gli serviva a volte per scoraggiare e frenare qualche timida rivolta all’interno del suo stesso schieramento politico.

Ritengo debba essere comunque imputabile a quel periodo, per altri versi ricco di tante realizzazioni, una mancata visione programmatica del territorio e delle sue risorse.

Il Municipio 

Capire del perché non si vollero portare avanti gli strumenti urbanistici, più volte elaborati, non è cosa facile, e preferisco non azzardare valutazioni personali o qualsivoglia ipotesi. Certamente, oggi paghiamo le conseguenze di un tale errore, anche perché gli amministratori che si sono succeduti, sempre provvisori e precari nei brevi intervalli fra una crisi e l’altra, non sono riusciti, nonostante i tanti anni trascorsi, a colmare una così grave lacuna…..

In occasione della rivolta di Filicudi – maggio 1971 – egli preferì svolgere un’azione direi istituzionale e burocratica, a differenza di alcuni di noi, suoi collaboratori di Giunta, che decisero di restare con la gente di Filicudi fino al momento dell’esodo dall’isola di tutti i suoi abitanti.

Non voglio dire che egli dal Palazzo non abbia fatto la sua parte, forse anche importante e certamente utile. Probabilmente come Sindaco egli non avrebbe potuto o dovuto fare diversamente. Dubito tuttavia che, senza la strenua rivolta popolare, alla quale ci unimmo sin dal primo momento, si sarebbe ottenuta la revoca del provvedimento governativo [che aveva inviato “mafiosi” a vivere nell’isola e la cancellazione delle Eolie dall’elenco dei luoghi da adibire a soggiorno obbligato]. Ed è anche vero che in quella occasione ( e lo notammo nei giorni che seguirono l’arrivo dei filicudesi a Lipari ) egli visse momenti di difficoltà politica e di manifesta impopolarità, come mai prima gli era capitato.

 

1974: Un’era si va chiudendo

 

Nel dicembre del 1974 si tenne a Lipari un importante convegno su “Tutela e sviluppo socio-economico delle Eolie”. Si ebbe in quell’occasione la netta sensazione che l’era Vitale stava per concludersi. Egli probabilmente per primo avvertì il mutare dei tempi e l’insorgere di critici atteggiamenti alla sua politica. Puntuale e commovente la sua difesa a sostegno di una gestione amministrativa mai prima di allora messa in discussione. In quell’occasione gli attacchi più spietati ( ma non furono i soli) gli vennero mossi dai rappresentanti di “Italia Nostra”, che ebbe a denunciare, in assenza di uno strumento urbanistico, i danni perpetrati sul territorio. Il riferimento era particolarmente a Vulcano e alla sua selvaggia cementificazione…

Come nelle previsioni, nel giugno del 1975, si conclude la carriera politica di Checchino Vitale, che malinconicamente rientra nel privato dopo circa cinque lustri di indiscusso protagonismo”.

Che cosa aggiungere a questo “ricordo”? La considerazione che Vitale governò in una fase irripetibile della storia del Paese, nel pieno del potere democristiano e della gestione della Cassa del Mezzogiorno che permisero di fare affluire a Lipari risorse notevoli non sempre sapientemente spese a cominciare, come è stato notato, dal problema dei porti che non solo non furono completati ma i lavori fatti si rivelarono in parte non adeguati con un forte impatto ambientale che incise indelebilmente sull’immagine delle Eolie. Si pensi a Sottomonastero e Marina Corta.

 

Fonte: www.archiviostoricoeoliano.it

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