Luigi Bernabò Brea

Luigi Bernabò Brea – Note Biografiche

di Madeleine Cavalier.

Dall’inizio della sua attività fino al 1973

Luigi Bernabò Brea, nato il 27 settembre 1910 a Genova, ha compiuto gli studi in quella città, dove si è laureato in Giurisprudenza nel 1932; in seguito, per seguire la propria vocazione, si è iscritto all’Università di Roma e si è laureato in Archeologia nel  1935, con il prof. G.Q. Giglioli. E stato allievo della Scuola Archeologica Italiana di Atene, allora diretta da Alessandro Della Seta, nei bienni 1935/36 e 1936/37, partecipando agli scavi nell’isola di Lemnos, a Poliochni (nel 1936) e al Kabirion di Chloi (nel 1937), da lui stesso scoperto.         

Entrato a far parte dell’Amministrazione delle Antichità e Belle Arti dello Stato, nell’ottobre 1938 è stato assegnato come ispettore al Museo Nazionale di Taranto, diretto da Ciro Drago, e in tale ruolo ha tra l’altro partecipato agli scavi di Gnathia.

Nel giugno del 1939 è stato chiamato a costituire e dirigere la Soprintendenza alle Antichità della Liguria, allora creata. Ha ricevuto inoltre dal Comune di Genova l’incarico della direzione del Museo Civico di Archeologia Ligure di Genova-Pegli, incarico che ha conservato fino al 1951, provvedendo dapprima al suo sgombero di fronte ai pericoli bellici, poi alla sua riorganizzazione.

L’attività scientifica portata avanti in Liguria da Luigi Bernabò Brea, a parte scavi minori eseguiti nella necropoli dell’età del Ferro di Rossiglione e nel Castelliere di Pignone, è costituita specialmente dagli scavi nella caverna delle Arene Candide di Finale Ligure, che hanno rivelato una serie stratigrafica di fondamentale importanza soprattutto per la conoscenza del Neolitico e del Paleolitico superiore. Di questi scavi, continuati fino al 1951 e condotti in collaborazione con Luigi Cardini dell’Istituto Italiano di Paleontologia Umana, egli ha dato relazione, per gli strati a ceramiche di sua diretta competenza, nei due volumi apparsi nel 1946 e nel 1956.

Alla fine del 1941 Luigi Bernabò Brea è stato trasferito a Siracusa, alla Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale, che ha diretto per 32 anni fino al suo collocamento a riposo avvenuto nel 1973, dedicandole la massima parte della sua vita di studioso e di amministratore.

Giunto nella nuova sede in piena guerra, il suo primo compito è stato quello di completare lo sgombero del Museo di Siracusa, già largamente attuato dal suo predecessore G. Cultrera. Il suo primo impegno scientifico è stato lo studio dei monumenti dell’antica Akrai, pubblicato poi nel 1956.

Terminata la guerra, si è dedicato immediatamente a risistemare e restaurare i monumenti devastati e ariorganizzare il Museo di Siracusa, nella vecchia sede di Piazza Duomo, riaprendolo parzialmente fin dal 1947 e totalmente nel 1949. In questo momento ha potuto inoltre iniziare una prima attività di ricerca sul terreno, rivolta soprattutto all’esplorazione delle regioni più lontane dalla sede della Soprintendenza e archeologicamente meno conosciute, come la provincia di Enna (necropoli preistoriche di Calascibetta) e la zona tirrenica della provincia di Messina (Milazzo, Longane, San Basilio di Novara, Tindari, Alaesa). Fra il 1947 e il 1950 si datano le prime ricognizioni effettuate nelle isole Eolie e gli scavi al Piano Quartara e al villaggio del Milazzese a Panarea.

La revisione dei materiali preistorici a suo tempo principalmente scavati e studiati da P. Orsi e da I. e C. Cafici, condotta in vista del riallestimento del Museo, lo ha portato tra l’altro all’identificazione di alcuni giacimenti del Paleolitico superiore e del Mesolitico, non precedentemente riconosciuti, in alcuni dei quali, come Grotta Corruggi, gli è stato possibile eseguire saggi di scavo. Soprattutto, però, gli ha permesso di porre le basi per una riconsiderazione totale della successione delle culture preistoriche e protostoriche in Sicilia, elaborata anche in base alle nuove ricerche sul terreno, in special modo nelle Isole Eolie. La formulazione più completa di tale successione, come è noto, è stata poi pubblicata nel 1957 nel volume Sicily before the Greeks.

Nonostante l’impegnativa attività siciliana, tra il ’48 e il ’50 Luigi Bernabò Brea ha nuovamente ripreso, dopo l’interruzione della guerra, anche gli scavi nella caverna delle Arene Candide. Un viaggio di studio in Francia meridionale e in Spagna effettuato nel 1948, dopo la lunga chiusura delle frontiere causata dalla guerra, è stata l’occasione per ampliare il quadro dello sviluppo culturale del Mediterraneo occidentale che andava delineando.

Nel 1951 Luigi Bernabò Brea è stato incaricato dalla Scuola Archeologica Italiana di Atene, diretta da Doro Levi, di riprendere gli scavi dell’insediamento dell’età del Bronzo di Poliochni nell’isola di Lemnos, per giungere alla pubblicazione delle ricerche eseguite dalla Scuola dal 1930 al 1936. I nuovi scavi, eseguiti nel 1951 e nel 1956, gli hanno permesso di riconoscere la successione delle fasi culturali fin dall’origine dell’insediamento; particolarmente fortunata è stata, nel 1956, la scoperta di un tesoro di oreficerie, affine e contemporaneo al grande tesoro di Troia.

La missione di Lemnos si è conclusa nel 1961 con l’inaugurazione del Museo di Myrina, che ha raccolto i rinvenimenti di Poliochni e quelli degli scavi di Efestia, del Kabirion di Chloi, di Myrina e delle isole di Imbro e Tenedos, e con le due importanti relazioni degli scavi, pubblicate nel 1969 e nel 1976.

È impossibile riassumere l’intensissima attività che Luigi Bernabò Brea ha svolto dal dopoguerra al 1973, come dirigente della Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Orientale, nelle cinque province della sua giurisdizione nel campo della tutela, della conservazione e del restauro dei monumenti archeologici, della ricerca sul terreno, dello scavo, della creazione di zone archeologiche organizzate, di antiquaria ad esse relativi, di musei locali.

Non bisogna dimenticare, infatti, che quegli anni hanno visto una formidabile espansione edilizia e industriale della Sicilia, che Bernabò Brea ha dovuto fronteggiare, in difesa del patrimonio archeologico, con una lotta spesso senza quartieri. Nello stesso tempo, la difficile gestione delle ingenti somme che soprattutto la Cassa per il Mezzogiorno investiva in quell’epoca anche nel campo culturale ha messo alla prova le sue doti organizzative. Sono stati infatti realizzati numerosissimi restauri, parchi archeologici e ricostruzioni monumentali che testimoniano una concezione non convenzionale, pur nell’assoluto rispetto del monumento, e una notevole attenzione per le legittime esigenze del pubblico. Basta ricordare a questo proposito il Parco della Neapolis di Siracusa comprendente i principali monumenti classici della città, dal Teatro alle Latomie, il restauro del Teatro di Taormina, lo scavo e il restauro della città romana di Tindari, la villa di Piazza Armerina, la risistemazione delle antichità di Akrai.

Nell’impossibilità di seguire personalmente la ricerca scientifica sul troppo vasto territorio della Soprintendenza, pur mantenendo quale Soprintendente la responsabilità e la sorveglianza dell’attività che si veniva svolgendo, egli ha affidato importanti lavori ai suoi collaboratori, tra cui Gino VinicioGentile, Paola Pelagatti, Giuseppe Voza ed io stessa, ed ha incoraggiato inoltre la collaborazione con Istituti stranieri, quali L’Ecole Française di Roma che ha allora avviato gli scavi a Megara Hyblaea, l’Università di Princeton a Morgantina e numerosi altri.

Tra le innumerevoli indagini che sono state allora effettuate, si possono ricordare in questa sede quelle principali nel campo preistorico:

  • in provincia di Messina gli scavi del Riparo della Sperlinga, degli abitati di Tripi, Tindari, Longane, Monte Scurzi, Naxos, della necropoli di Rodi, dei villaggi del Milazzese a Panarea, di Capo Graziano, Filo Braccio, Casa Lopez a Filicudi, di Serro dei Cianfi e Portella a Salina, di Castellaro Vecchio, Piano Conte, Diana e del Castello a Lipari, delle necropoli di Piazza Monfalcone a Lipari e di Milazzo;
  • in provincia di Enna gli scavi delle necropoli di Malpasso, Realmese, Calcarella, valle Coniglio a Calascibetta;
  • in provincia di Catania gli scavi delle grotte di Novalucello, Pellegriti, Pietralunga, Maccarone, della sepoltura Luigi Bernabò Brea e sua nipote Maria”Sapienza”, degli abitati delle contrade Zorio, Marotta, Naviccia, del villaggio di Predio Garofalo, delle capanne di Poggio dell’Aquila ad Adrano, degli abitati di Palikè, della necropoli di Grammichele, i saggi sull’acropoli di Paterno e i rinvenimenti di Biancavilla;
  • in provincia di Siracusa gli scavi delle capanne della Metapiccola e delle tombe della valle di S. Eligio a Lentini, dei villaggi di Stentinello e dell’Ognina, delle grotte del Conzo, della Chiusazza, Genovese, Palombara, Masella di Buscemi, Calafarina a Pachino, della necropoli di Thapsos, della necropoli di Pantalica e i restauri dell’Anaktoron.       

Da parte sua, Luigi Bernabò Brea ha concentrato i propri interessi di studioso soprattutto sulle Isole Eolie e sulle zone vicine della provincia di Messina (Milazzo, Tindari) dove si è potuto avvalere della mia collaborazione fin dal 1951, quando, stabilitami a Lipari, ho iniziato ad assicurare la continuità e la sistematicità della ricerca, proseguita da allora ininterrotta.

 

 

L’attività di Luigi Bernabò Brea dal 1973 al 1999

Luigi Bernabò Brea e sua nipote Maria

 

A partire dal momento del suo collocamento a riposo, avvenuto nel gennaio del 1973, Luigi Bernabò Brea si è dedicato quasi completamente alle Isole Eolie e al Museo di Lipari.

A causa di una serie di circostanze favorevoli, gli scavi delle Isole Eolie sono stati particolarmente fortunati. A Lipari, per quanto riguarda la preistoria, sul Castello e nella piana sottostante è venuta in luce una regolarissima successione stratigrafica che ha permesso la ricostruzione dell’evoluzione culturale dagli inizi del Neolitico medio fino all’età storica, e che costituisce tuttora il paradigma per l’evoluzione culturale anche della Sicilia e dell’Italia meridionale.

Le stazioni minori della stessa isola e gli insediamenti di Filicudi, Panarea e Salina hanno offerto importantissime conferme e complementi al quadro che gli scavi del Castello di Lipari permettevano di ricostruire.torna all’inizio della pagina

Per lo stesso fenomeno geologico a cui è dovuta l’eccezionale stratigrafia del giacimento del Castello, è giunta pressoché intatta anche la vasta necropoli della Lipára Cnidia sviluppatasi senza interruzione, fino all’età tardo romano, estesa sulla contrada Diana, che, sepolta sotto metri di sedimenti eruttivi, si può dire l’unica delle grandi necropoli contemporanee della Sicilia, della Magna Grecia e dell’Etruria ad essere sfuggita ad un plurisecolare saccheggio. Lo scavo sistematico di essa (a tutt’oggi più di 2600 tombe di età greca e romana) ha costituito una fonte inesauribile di informazioni nei campi più diversi e ha fornito una massa di reperti talvolta di elevata qualità storico – artistica, oltreché di interesse archeologico, soprattutto nel campo della ceramica a figure rosse, dapprima di fabbrica attica, poi, nel IV secolo, di produzione siceliota o campana.

Ha rivelato altresì due singolarissimi artigianati locali: quello della ceramica policroma, fiorita nella prima metà del III secolo a.C. ad opera del Pittore di Lipari e di altri maestri della sua cerchia, e quello delle terracotte di argomento teatrale (modellini di maschere della tragedia, del dramma satiresco e della commedia, statuette di attori comici o satiresche) che inizia nei primi anni del IV e si sviluppa per un secolo e mezzo. Gli oltre 1300 pezzi rinvenuti offrono una documentazione eccezionalmente ricca e completa sul costume scenico del teatro greco, sull’arte della maschera e sulla loro evoluzione.

Frutto di queste ricerche è stata la creazione del Museo Eoliano, in continua e rapida espansione nei diversi padiglioni sul Castello di Lipari.

I resoconti degli scavi eoliani sono stati presentati nella serie Meligunìs Lipára, iniziata nel 1960 e giunta ormai all’XII volume, mentre una serie di studi monografici e di articoli riguarda le diverse classi di rinvenimenti eoliani sia preistorici, sia di età classica e medievale.

Lo studio delle testimonianze preistoriche e storiche di Lipari non ha esaurito, tuttavia, l’intera attività di Luigi Bernabò Brea; con la mia collaborazione, egli ha anche voluto raccogliere l’eredità scientifica del suo maestro e amico Luigi Cardini, curando la pubblicazione (1989 e 2000) degli scavi da questo compiuti per l’Istituto Italiano di Paleontologia Umana nelle grotte di Praia a Mare (CS).

Merita infine di ricordare, poiché i suoi vasti orizzonti culturali non si limitavano all’archeologia mediterranea, il lavoro compiuto nel campo dell’arte giapponese, alla quale si era interessato fin dalla sua prima gioventù. La profondità di tale interesse è testimoniato da un catalogo delle opere dell’Ukiyo-e conservate al Museo d’Arte Orientale E. Chiossone di Genova, pubblicato nel 1979 in collaborazione con la studiosa giapponese Eiko Kondo.
Luigi Bernabò Brea è scomparso il 4 febbraio 1999, mentre stava lavorando all’XI volume di Meligunìs Lipára.

Fonte:http: www.luigibernabobrea.it

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